Questo mese in Nadir: Alberto Grifi
Biografia
Adriano Aprà
(dall’Archivio storico de “il Manifesto”, 24/04/2007 )
Ho assistito, negli ultimi anni, al ritorno di Alberto fra le nuove generazioni. Assai più che per altri cineasti che lo avevano accompagnato negli anni fervidi, '60 e '70, quando le posizioni estreme erano privilegio di una minoranza. Alberto è diventato quasi un simbolo di quel «mondo diverso» che noi abbiamo vissuto in diretta e che per i giovani di oggi è - se non un'utopia, spero - una meta da riconquistare. Non sarà dimenticato quindi, ne sono certo.
Franco Berardi, Bifo
(Milano, 3 maggio 2013)
Con “Anna” e “Parco Lambro” entriamo nel cuore di un mondo che ha due facce.
Una faccia fortemente collettiva , solidale, felice, per certi aspetti.
Ed una faccia che invece rappresenta la sofferenza della corporeità.
La corporeità dei film di Grifi è sempre una corporeità sporcata dalla Storia, affaticata, appesantita, compromessa dalla Storia.
Stefania Rossi
(da “L’evoluzione biologica di una lacrima”, Edizioni Tìmia, 2017)
Con Grifi torna l’idea avanguardista della totalità. Quando si vedono i suoi film e si leggono i suoi testi teorici ci si imbatte nella storia della ricerca artistica e del pensiero libertario di tutto il ‘900.
Annamaria Licciardello
(da “Il cinema laboratorio di Alberto Grifi”, Edizioni Falsopiano, 2018)
… Grifi non partecipa né assiste al movimento del ’68 a causa dell’arresto per droga che lo costringe a due anni di detenzione. Vive però tutto il periodo precedente con grande intensità sia a livello personale sia artistico: sono gli anni della neoavanguardia e della controcultura. Su questa base si innesta subito dopo e grazie al ’68 la sua conoscenza dei testi dei situazionisti che tanto lo hanno segnato nel decennio settanta. Direi che in questa prospettiva il filo rosso che tiene insieme i vari momenti è la spinta antiautoritaria, che è uno degli elementi fondanti del movimento studentesco del ’68, e un’idea di rivoluzione che coinvolge anche la vita quotidiana e non soltanto i rapporti di classe, che caratterizza il “Vogliamo tutto” dei movimenti giovanili della seconda metà degli anni Settanta.
Alessandra Vanzi
(Dichiarazione web, 2024)
Avevo conosciuto Alberto Grifi a New York all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, fu un colpo di fulmine passammo una notte in bianco a parlare di cinema e teatro e, naturalmente, di avanguardie poi ognuno di noi se ne andò per la propria strada. Nel 2000 venne a vedermi a teatro e mi chiese se potevo aiutarlo a finire un suo film così nacque un amore durato fino al suo ultimo respiro e il film “A proposito degli effetti speciali” che portammo al festival di Venezia del 2001. Per Alberto non c’era differenza tra vita e lavoro, tecnicamente sapeva fare tutto dalle luci al premontaggio, e così negli anni in cui siamo stati insieme ci siamo “usati” in tutti i modi possibili: lui inserendomi qua e là nei suoi film, io chiedendogli di collaborare e riprendere le mie performance (“Urla mute” alla Certosa di Padula). Lavoravamo senza sosta e senza ruoli in una, a volte “massacrante”, totale libertà creativa. E’ stata un’esperienza bellissima, irripetibile, difficilmente definibile, completamente al di fuori delle regole del mercato.
Anna
Verifica incerta
A proposito degli effetti speciali
Orgonauti evviva
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