Nadir questo mese ha invitato l’artista Cesare Pietroiusti
Da bambino la mia camera da letto confinava con l’appartamento dei nonni materni e tutte le sere, prima di dormire, nonna mi dava la buonanotte bussando alcuni colpi sul muro. Un giorno (poteva essere il 1963) convinsi Gianni, un coetaneo, a praticare con il cacciavite un’apertura in quel muro, per arrivare dall’altra parte. Nascosti sotto il letto, che era appoggiato alla parete, lavorammo per alcuni giorni e facemmo un bel buco (e un discreto danno nel muro) prima di essere scoperti.
Secondo alcuni interpreti tutta la mia carriera di artista è null’altro che una risposta alla frustrazione di quel buco che non arrivò dall’altra parte e per il quale arrivò invece un muratore a stuccare e ripristinare; dicono che da allora io non faccia che ripetere, da solo o con altri, l’esperienza di quel buco nel muro.
Nel 1989, ad esempio, nel visitare gli spazi adiacenti ad una galleria di Firenze (dove ci sarebbe stata una mia mostra), finii negli uffici toscani del Grande Oriente d’Italia; nel 1990, a Parigi, nella casa di Rossana Rossanda, ma anche nelle cantine di un colonnello in pensione che mi stava per prendere a fucilate; nel 1991, a Roma, nella casa di un’ottica che continuò a stirare, preparare la cena, guardare la televisione, leggere il giornale senza degnare di uno sguardo il pubblico dell’inaugurazione che entrava e usciva da casa sua.
Nel 2006 fui invitato a fare una performance nei sotterranei dell’Angelo Mai la notte dell’ultimatum del Comune di Roma agli occupanti. La mia idea era di creare una nuova via di uscita per quelli a cui era stato intimato di andar via. Il risultato fu, ancora, un buco sul muro dell’ultimo tunnel e, di nuovo, un discreto danno, stavolta nel gabinetto dello spaventatissimo portiere dell’edificio accanto.
Mi interessano le situazioni paradossali o problematiche nascoste nelle pieghe della ordinarietà dell'esistenza - pensieri che vengono in mente senza un motivo apparente, piccole preoccupazioni, quasi ossessioni considerate troppo insignificanti per diventare motivo di analisi, o di auto-rappresentazione. Tutto ciò mi ha spesso portato ad esplorare scelte e intenzioni formulate da altri, nonché a cercare di fare proprie tali altrui scelte.
Negli ultimi anni il mio lavoro si è concentrato soprattutto sul tema dello scambio e sui paradossi che possono crearsi nelle pieghe dei sistemi e degli ordinamenti economici. A partire dal 2004 ho irreversibilmente trasformato altrui banconote; distribuito gratuitamente circa centomila disegni individualmente prodotti e firmati; venduto storie; ingerito banconote al termine di un’asta per poi restituirle al legittimo proprietario dopo l’evacuazione; aperto negozi in cui la merce in vendita sono banconote e la “valuta” con cui si possono acquistare è lo sguardo dell’acquirente; organizzato ristoranti in cui al termine del pasto, invece di pagare, si ricevono i soldi del prezzo del cibo scritto sul menu; organizzato mostre collettive di artisti molto noti, in cui le opere erano in vendita non in cambio di denaro ma delle migliori idee dei visitatori.
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